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COMMENTI SUI PRIMI TRE CAPITOLI DEL NUOVO ROMANZO -VENGO DAL MARE-

 

Gli altri incipit che mi sono stati assegnati li ho commentati in forma impersonale, del tuo VENGO DAL MARE ( posso darti del tu?) invece voglio parlarne direttamente con te, e, onde evitare malintesi, ti dico subito che ti ho assegnato la più alta votazione fra quelli che ho letto. Detto ciò posso scrivere. A giudicare dal particolare pseudonimo che hai scelto ti auguro di trovare quello che cerchi, anche se non so cosa sia. Non ti conosco e se mai un giorno dovessimo incontrarci, potremmo trovarci su sponde opposte e lontane, ma, per tanto distanti che fossimo, ti farei ugualmente giungere la mia voce per dirti che sei uno scrittore. E forse un poeta! Quando leggo un libro ( un bel libro) le parole scritte non mi descrivono soltanto i personaggi, i luoghi e i fatti ma diventano le note su un pentagramma ed insieme gli strumenti che le fanno suonare. Quel libro,allora, ha anche una colonna sonora. Come il tuo incipit. Appena ho cominciato a leggere il primo capitolo ho udito il mistico e struggente suono dei violini come nel preludio al primo atto del Lohengrin di Wagner che, all’inizio, è così flebile da chiedere perché non suonino. Il tuo Khalil chiede perché non parlano. “Per lui il silenzio è una mortificazione della vita; una ingiusta glorificazione della morte”. I violini accompagnano il palloncino fino a che “Un dolore acuto, improvviso, feroce, gli trancia i pensieri e s’impossessa di…non sa cosa”. Qui irrompe prima possente e poi incalzante l’organo con la toccata e fuga in Re minore di Bach e ricama i versi de” il cozzare dell’onda su qualche sporgenza. Lo sciabordio continuo dell’acqua che lecca le ferite di quella che un tempo fu una nave. Qualche imprecazione. Il pianto dei bimbi e il lamento delle donne” Versi bellissimi! E Tragici! Poi,verso la fine del primo capitolo e per buona parte del secondo, quando parli del villaggio ,di Khalil e del suo amore per Badriya le parole diventano il largo della Rapsodia in Blu di Gershwin che sa di cielo terso in cui le nubi ci sono, ma non fanno ancora paura “Tutto in regola con le leggi del creato. L’unica, sostanziale differenza era che a volte, di lontano, giungevano smorzati i rumori della battaglia” E questa musica pacata dura fino a che “i potenti giocano sulla scacchiera d’avorio, al riparo dalla polvere e dai detriti” E qui Bach si alterna a Gershwin fino a qualche riga del 3° capitolo. Poi irrompe la Quinta di Beethoven e, per me, dura fino alla fine di questo bellissimo incipit. Se il seguito non si guasta ( e non credo) sarai riuscito a scrivere un libro reso ancor più drammatico da una bella colonna sonora. Non posso sapere come altri valuteranno questo tuo lavoro, però posso dirti con la sincerità di un concorrente leale, anche nella diversità di pensiero, che ( ma lo ritengo improbabile) se qualcuno valutasse il mio incipit migliore del tuo dovrei pensare che non sa leggere o, peggio ancora, che un Credo diverso dal tuo ha offuscato la sua intelligenza.

 

 

La storia è coinvolgente e scritta bene; le tematiche sono attuali e l'autore ha la capacità di sondarle a fondo, in maniera non banale. Vi sono alcune frasi densissime di significato, poetiche anafore e aggettivi evocativi. Lo stile è ricercato, ma scorrevole; forse, talvolta, qualche ripetizione, ma che non stona, nell'economia complessiva del romanzo: consente, anzi, di riannodare le fila del discorso, dopo una digressione o un flash forward. Una storia triste, che fa riflettere e che contiene un approccio a problematiche odierne da un interessante punto di vista.

 

 

Mi sono sentita un tutt'uno con quello che hai scritto, dalla prima parola all'ultima. Le persone come te hanno un dono! Spero tu riesca a sfruttarlo al meglio; ma più di ogni altra cosa spero che il valore che hai ti venga riconosciuto anche da altri. In bocca al lupo!

 

 

Carissimo, il tuo scritto mi ha fatto sentire la gola chiusa e le tempie martellanti, in altre parole mi ha emozionato e credo che sia per questo che leggiamo storie. Mi sembra che tu sia riuscito a immergerti in una cultura diversa, a viverla e a farla sentire nella sua situazione drammatica. Risalta un po' troppo secondo me una tua parte sdegnata e infuriata con il mondo occidentale. 

 

                                 VENGO DAL MARE

Khalil vive in Siria e sposa Badriya, che ama. La guerra raggiunge il loro villaggio e i due decidono di fuggire attraverso il deserto, verso l'Egitto, per imbarcarsi e raggiungere l'agognata Europa. Lei attende un figlio, Khaled. Vessati da uno scafista e speronati da una nave, gli sposi affondano e muoiono in mare. Vengo dal mare, allora, si trasforma: da racconto d'un viaggio attuale muta in un'esplorazione dell'aldilà compiuta dall'anima di Khalil. Che diviene così il protagonista di un viaggio visionario d'ispirazione dantesca: visita gli inferi in fondo al mare, conosce vittime e carnefici di un antico passato, incontra i dannati del nostro mondo, osserva le contraddizioni e le ipocrisie della civiltà occidentale. Infine intraprende la via per il mondo eterno dei giusti, dove ritrova gli affetti più cari.
Sebbene il punto di vista sia quello di una giovane famiglia siriana, vittima delle aberrazioni politiche internazionali, Vengo dal mare è un libro sulla nostra società occidentale. Ragiona Badriya a voce alta:
“Sanno che scappiamo dalla guerra, dalla morte sicura. Sanno che i nostri figli hanno le stesse lacrime dei loro figli. Sanno che anche loro, al posto nostro, farebbero lo stesso. Dopo quello che è successo nella seconda guerra mondiale, più nessuno può dire di non sapere. E, d'altronde, anche chiudendo gli occhi e il cervello, le immagini arrivano lo stesso”
Dal brano citato, inoltre, traspare un'analogia qui ricorrente: quella fra la tragedia contemporanea in mare e la Shoah: “Non ti sono bastati i campi di sterminio e hai elaborato mari di sterminio. Non ti sono bastati i padiglioni della morte eretti ad Auschwitz e hai eretto i barconi rattoppati e i gommoni sgonfiati”.

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